Il vento fa volare i miei vestiti come se non pesassero, come se in mezzo al mare la gravità seguisse regole tutte sue. Non mi piacciono i traghetti, sai nonna? Non mi piace questo viaggio in cui manchi tu. Sul ponte mi appoggio al parapetto e il ragazzo che fuma alle mie spalle si muove impercettibilmente, ha paura. Non preoccuparti, voglio solo vedere la schiuma bianca.
Tra questa creuza de mar cerco il tuo sorriso nonna, chissà quante volte hai solcato questo centimetro di mare, chissà quali segreti hai lasciato andare sul fondo. Guardo l’orizzonte e nonostante sia notte fonda una linea sottile divide un mare nero da questo cielo limpido. T’immagino camminare su quella linea in punta di piedi, in bilico tra i tuoi diari e i miei ricordi. Il ragazzo che fumava è rientrato, forse ha capito che sto solo prendendo un po’ di vento, forse mi ha lasciata in custodia a quella giovane coppia appena arrivata, forse mi sono immaginata tutto.
Ma tu dimmi Nonna, qualcuno ha mai capito perché ci si confida più con le persone da morte che da vive? Una specie di giudizio divino che forse non ci tocca veramente o forse è purificato sì, perché non posso guardare i tuoi occhi mentre ti parlo. O forse perché le parole non abbandonano il mio corpo, rimangono intrappolate in qualche cellula del pancreas, in qualche millilitro di bile. Non mi sono mai piaciuti i traghetti, ti portano verso isole felici eppure trasudano tristezza. I camerieri hanno uniformi sgualcite e denti marci, gli ufficiali con le loro divise bianche stonano con tutto quell’ottone che c’è a bordo come pinguini in uno zoo. Al bar c’è chi si scola bottigliette di prosecco sperando che impedisca agli occhi d’inumidirsi. Qualche vecchio sbraita per una brutta giocata a scopa ma nei suoi occhi si legge la tristezza di chi ha non ha più nulla per cui valga la pena arrabbiarsi.
Esco sul ponte e un cane piscia incurante dei ragazzi che si siederanno su quella pozza quando il sole l’avrà seccata. C’è così tanto vento che mi sembra di essere stretta in un tuo abbraccio, l’aria è calda e profuma di te. Non preoccuparti nonna, ho messo il maglione per non avere freddo. Sarà che da quando non ci sei più il freddo lo sento davvero, anche sulla pelle.
Tirarmi una sberla. Una sberla in pieno volto, forte, così forte da farmi sanguinare il naso. E poi un’altra per essere sicura che abbia sentito il dolore e quel ciaf assordante nel timpano. Così sarei punita per quel senso di colpa che nascondo sotto le scarpe e mi toglierei quei massi che sento ad ogni passo. Una sberla per togliere via coi palmi della tua mano le lacrime che scendono. Chiedimi se adesso sono sveglia e cantami ancora una volta Volare per esserne sicura. Che destino beffardo quello di chi cerca la morte per rivivere e chi muore un po’ vivendo. Posati ancora sulla mia spalla come una farfalla impalpabile e dimmi che tutto andrà bene, che tutto passa come il caffè nella moca la mattina. Spingimi se mi fermo e fermami se corro troppo. In questo blu dipinto di blu cerco ancora il tuo sorriso nonna e il mio sguardo si ferma su una stella luminosa, illuminami il cuore.
Illuminami il cuore.
