Io sono poligamo (parte II)

Caro Guido,

sono abbonata da anni a questo giornale e, dopo aver visto la tua lettera, ti confesso che per la prima volta in vita mia ho deciso di inviare una risposta.

Non voglio attaccarti, siamo più simili di quanto pensi. Hai parlato di poligamia, di come amare una sola donna non ti basti, del fatto che i tuoi sentimenti siano sinceri. Ecco ora riprenderò un tuo passaggio sul quale vorrei soffermarmi:

“So che il vostro non è sincero amore ma solo il tentativo di diventare la numero uno, eppure mica mi lamento, mica vi faccio patetiche scenate isteriche. Forse, in fondo, la sfortuna è la mia che dono il mio cuore e da voi non ricevo altro che complessi d’inferiorità.”

Mi ha fatta riflettere parecchio, sai? E questo perché io sono come te, io sono poligama.

Non faccio moralismi, anch’io metto in chiaro le cose fin da subito. Sono sposata, ho due figli e non ho mai avuto alcuna intenzione di lasciare il mio porto sicuro. Però è anche vero che a volte da soli non siamo in grado di vedere i nostri problemi, spesso necessitiamo di qualcuno che ce li faccia notare. E nel mio caso quel qualcuno sei stato tu. Leggere le tue parole è stato come guardare dentro la mia testa. Mi hai scavato l’anima e ci ho visto una voragine che nessun amante potrà mai riempire. Finito l’articolo ho preso un bicchiere di whisky, mi sono seduta in giardino al buio e ho iniziato a pensare.

È possibile amare due, tre, quattro persone contemporaneamente allo stesso modo? Come rappresenteresti l’amore che una sola persona è capace di provare? Come una torta da cui puoi ricavare tantissime fette? O come un cioccolatino per un uomo solo? Voglio dire io ho due figli e amo entrambi allo stesso modo, ma è paragonabile il sentimento che nutro nei loro confronti all’amore che ho per i miei uomini? Io credo di no, e lo sai anche tu caro Guido.

Poi ho iniziato a pensare che probabilmente sono un’insoddisfatta, che sono incapace di accontentarmi. Praticamente un’ amore-dipendente. Ma questo non spiegherebbe perché io non sia semplicemente una cozza con mio marito ma abbia bisogno di cercare avventure al di fuori del mio matrimonio. Ninfomane? Assolutamente no, sono la seduzione e l’amore ad interessarmi, non il sesso. O meglio, il sesso m’interessa come conferma del mio successo, non come atto in sé. La verità, Guido, è che sono un’insicura. Ho un bisogno estremo di conferme e non avevo mai trovato il coraggio di ammetterlo. Ho bisogno di sedurre un uomo e di sentirmi dire che sono bella. Ho bisogno che a farlo siano in molti perché in fondo io in me stessa non ci credo poi così tanto. I miei amanti sono le mie reti di salvataggio, il problema è che il pericolo per me stessa sono io stessa. Io che non so se sono in grado di tenermi la stessa persona al mio fianco per tanto tempo perché il mondo è pieno di donne migliori, io che faccio del male per non farmi male ma che in fondo, molto in fondo, non mi ero mai resa conto che m’illudevo di colmare un vuoto con dolci parole. Tu Guido hai detto “amatemi se potete. Amatevi perché dovete” e io ora concludo la mia lettera ponendoti una domanda:

tu ti ami? Perché io, dopo averci pensato, ho realizzato che non mi amo poi così tanto.

Ti abbraccio forte fino all’anima,

Benedetta

Fenomenologia delle ragazze single

Le ragazze single possono essere suddivise in due categorie: quelle single per scelta e quelle single per scelta degli altri. Manco a dirlo la seconda categoria conta quasi il doppio degli esemplari della prima. Partiamo con un rapido identikit:

LA SINGLE PER SCELTA

La SPS è un animale tendenzialmente solitario , attacca a suo dire solo per difesa, salvo l’utilizzo del suo diabolico veleno “acido zitellico” che paralizza all’istante la preda. I suoi periodi di richiamo alla riproduzione possono trasformarsi in lunghe depressioni o dare luogo alla versione puttanone dell’animale. Ci troveremo nell’ultimo caso di fronte ad una predatrice senza scrupoli, armata di cinismo, rossetto e femminismo da osteria. Il suo motto sarà “solo sesso” e pur di non innamorarsi si farebbe murare viva. La leggenda narra di un animale che un tempo fu ferito in amore e che ora si cimenta nel ruolo della xena dei rapporti sentimentali.  La sua credibilità è pari solo a quella di Martina Stella come attrice drammatica.

LA SINGLE PER SCELTA DEGLI ALTRI

La SPSDA si contraddistingue per il perenne occhio lucido e l’anulare sinistro sempre a portata del suo futuro ed immaginario promesso sposo.  Ora si potrebbe aprire una parentesi sulla relatività del concetto di futuro, ma qui si parla di zitelle, non di filosofia. Siamo pur sempre persone rispettabili per Giove. Tornando a noi, la SPSDA non perderà nemmeno un istante per raccontarvi il suo amore naufragato, il modo totalizzante in cui ha sempre creduto nella sua storia più lunga (circa centosessanta ore pausa di riflessione compresa), la devastante delusione che ha seguito la fine ma, soprattutto, il sorprendente modo in cui ne è uscita ed è pronta a rifarsi una vita. Per esempio con te. Esatto, con te. Perché la SPSDA si metterebbe anche col tombino di casa sua se questo l’amasse. Perché per lei l’amore è vocazione, lei fa meno selezione all’ingresso di un bagno pubblico. Si narra che siano state le prime SPSDA ad insegnare alle api l’arte del “volare di fiore in fiore” pur di trovare un fiore.  Ora tu, che sei un attento lettore, troverai della analogie tra la SPSDA e la SPS puttanone. Bravo, hai ragione. Solo che dimentichi un dettaglio, e questo dettaglio è l’Amore. Ricordi? Il puttanone single per scelta si strapperebbe il cuore senza anestesia pur di non innamorarsi, la single per scelta degli altri venderebbe sua madre per un “ti amo” trovato in un biscotto della fortuna scaduto.

Ora ritengo che questo articolo sia troppo privo di senso per lasciarlo qui a mezz’aria come un prosciutto in stagionatura. Per questo ho deciso di trarre delle conclusioni d’influenza kantiana con un retrogusto tutto aristotelico senza per questo togliere una nota hegeliana. Nella vita non importa se sei single per scelta tua o degli altri, perché ci sarà sempre un comune denominatore, ci sarà sempre qualcosa che ci lega nel profondo dal profondo, non cesserà di esistere il collante di tutti gli esseri umani fragili e forti, sani o feriti, bianchi o neri, gialli o rossi. C’è qualcosa che va al di là di ogni razzismo, di ogni credenza, religione, superstizione, di ogni nonna e del suo brodo di pollo il sabato sera, di Carlo Conti abbronzato anche all’otto Dicembre, della pioggia appena uscita dal parrucchiere. È quella forza che ci unisce, che ci fa soffrire, che fa nascere famiglie, che, in fondo, fa girare il mondo: quella cosa è senza dubbio il sesso.

Fammi volare

Le sfide più grandi sono con noi stessi. La paura devi metterla da parte. Com’è che allora scende questa lacrima? Io sono più forte di te, sono più forte di me. Il segreto sta nell’accettare la sconfitta. Vieni dai prendimi per mano, fammi volare, fammi dimenticare cosa c’è oltre il vento. Chiudi gli occhi e assapora questo sale che si secca sulle ciglia, che ti bagna la pelle. Questo sole ti acceca non meno di un amore folle che non ti sai spiegare. C’è solo vento intorno a te, tra i capelli, nelle narici, nel cervello dritto al cuore. Lo senti tra le mani il Maestrale mentre la scotta ora brucia e tu la stringi, non mollare. Ci sei quasi, alza la deriva. Io mi sento alla deriva. Torniamo indietro, stiamo in mare ancora un po’. Fermiamoci qui ancora un po’. Puoi toccare fa male ma non troppo. Oggi ho visto una farfalla, mi volava intorno ai piedi quasi a dirmi vai avanti. Oggi ho visto un po’ d’acqua nei miei occhi quasi a ricordarmi che il mare ce lo portiamo dentro. Prendimi per mano, annulla tutto il resto. Fammi sentire il sibilo della velocità, fammi provare il brivido del controllo. Portami a bordo, non scendiamo mai. Dritti fino all’isola che non c’è,  dritti fino ai sogni dei miei giorni di Sole. Ho visto in faccia l’amore e gli ho dato il tuo nome. Ho visto in faccia l’amore e portava il tuo odore.
Ho un gusto un po ‘ amaro sulla lingua, ho sete di vento nelle vene.
Non mi fermare, voglio iniziare a volare.

Togli un posto a tavola

Eccoci, finalmente soli. Io, te e qualche sigaretta. Non c’eri eppure ci sei stato tutto il tempo. Ora ti ho seduto sulla poltrona di fronte a me, immobile quasi fossi in un quadro. All’inizio hai visto, ero ferma. Bloccata. Ero a disagio lo sai, quel groppone che ti si attacca alla gola e non ti molla più. Ho spalancato forte gli occhi per rigettare dentro le lacrime. Che buffo no ? Ci siamo visti una volta o poco più eppure mi commuovi. Ho costruito il mio affetto su quello che ho sentito raccontare, su quello che tu hai raccontato. Un legame saldamente effimero. Ma forse poco importa. Lei ha chiuso gli occhi e nei suoi occhi c’eri tu. Strano come le persone a volte parlino del nulla per timore del tutto. E il tutto questa sera eri tu. Chissà poi adesso dove sei. Mi arrogo diritti che non ho. Scrivo a te e nemmeno ci conoscevamo così bene. È solo che lo vedo in fondo a sinistra quel luccichio negli occhi dei tuoi cari, quella scintilla che tu avevi ora la portano loro. Faceva freddo quel giorno quando mi abbracciasti, faceva molto freddo. Se mi chiedessero una parola per descriverti sarebbe senza dubbio nudità. Mi ero sentita nuda col cappotto. Nuda dentro, ben inteso. Bassino, occhi azzurri. Due fari per essere precisi. Due fari dritti da cui non scappi, boom. Niente di vero tranne gli occhi. E che verità. Scendi, aiuta. No, non leggere. Non leggerlo me ne vergogno. Parole a caso, minestrone di ghiaccio. Virgole come vetri rotti, pause come le parole che non ti ho detto. Che non ti dirò. Ho tolto un posto a tavola, tu non c’eri. Eppure ci sei stato tutto il tempo. Etere che vaga, vento che rinfresca. Lo vedi, anche adesso, sono pensieri in libertà, legami che si spezzano. Come le emozioni che ho taciuto. È che a volte bisogna farsi da parte, rispettare in silenzio chi merita silenzio. Chissà se voli anche tu, farfalla bianca libera nel cielo. Chissà se voli anche da terra. Forse era pizzo bianco e sulla testa un tocco blu. Scrivo ma non trovo un senso, scrivo e penso che non ci dev’essere un messaggio, non dev’essere forzato. Non voglio dire niente. È grave se i miei pensieri sono in riproduzione casuale ? Senti che profumo di fiori. Non tralascio nulla ora ti guardo e mi sembra che tu ti stia muovendo. Come un quadro che prende vita ma i quadri una vita mica ce l’hanno. E nemmeno tu adesso. È stato un sogno io e te in una serata mai esistita con gesti che mai saranno con risa che non esisteranno. Legge del contrappasso, mi chiamo Bravo. Non continuo ma tu sai cosa segue. Non importa. Come un colpo di pistola. Chiaro, netto. Non permetterlo. Vorrei avere una macchina per leggere i pensieri. Non tutti, solo quei flash estemporanei. Solo quegli occhi che si chiudono. Click, on. Click, off. E in quell’ off c’è più vita che in quell’on. Allora tanto vale fare off no ? Lo sai che è una stronzata. Che ne dici, posso stringerti senza toccarti? Io chiudo. Chiudo gli occhi, il naso e la bocca. Senza respiro. Io chiudo ma tu resta irraggiungibile dietro l’angolo, noi stiamo ancora un po’ qua.

Alza il volume

Avete mai sentito quella vocina? Alcuni la chiamano “il grillo parlante”, altri coscienza, altri ancora intuito.

Parlo di quella vocina che sta dentro, dalle parti dell’intestino, vicino al fegato, esattamente nel pancreas.

È quella cosa ben nascosta che si rivela solo ad un orecchio fino: è il famoso “lo sapevo”. Solo che, come l’arrosto che quando ne senti il profumo dal salotto significa che è già bruciato,  così anche il “lo sapevo” quando lo ascolti vuol dire che è troppo tardi.

Aveva ragione Socrate in un certo senso, la risposta è dentro di te. E il bello è che lo sai. E non ti ascolti.

Lo sai, non ti ascolti e poi t’incazzi pure.

Sì, quello che hai lasciato perdere perché “non è interessante e poi guarda che dita dei piedi”, lui era quello giusto e la tua era solo paura. Non ti ricordi di quella vocina che di notte, con molta discrezione, ti aveva detto “dai buttati”? Non ricordi quel brivido doloroso quando gli hai detto “ne ho abbastanza”? Quelle sensazioni, quelle emozioni che tu come al solito prendi a calci perché sei convinta di essere troppo furba, quelle sono verità incontrovertibili e cazzo se fai male a non ascoltarle.

Ricordi quel bel paio di occhi blu? Quelli che lo sapevi che ti avrebbero ferita, perché qualcuno dal pancreas te lo aveva detto.

È solo che non ti fidi, una sensazione non è tangibile, non puoi abbassare le difese o fuggire a gambe levate per un brivido doloroso, cioè forse era solo un nervo accavallato no?

Tu sfidi te stessa, tu sei più furba, più intelligente, più scaltra. E poi ti prendi delle tranvate sul muso mentre la vocina del cazzo sussurra “lo sapevi pure”.

Allora io adesso propongo un patto anti-tranvate: ci mettiamo lì, buoni buoni e, a costo di sembrare un incrocio tra le groupie di Justin Bieber e uno shamano,  alziamo il volume del grillo parlante prima di farci male. Che io a forza di musate ho il setto nasale deviato.

Tu vocina parli chiaro e io ti ascolto, giurin giuretto parola di lupetto.

Ecco, se posso, non mi dispiace quel figaccione seduto in metro. Che dici, mi butto?

No?

Lo sapevo.

Guida galattica per trombamici

Dicono che il sesso complichi le cose: evidentemente non conoscono l’istituto dei “trombamici”, vero Santo Graal ritrovato della nostra epoca, mito con una fama più che meritata.

Cos’è la trombamicizia? È un paio di tacchi vertiginosi senza male ai piedi, una nutella ipocalorica, un corpo statuario senza abbonamento in palestra, una cena offerta in un ristorante stellato.

Ho reso l’idea? Forse non troppo.

Iniziamo con una brutta notizia: le persone che scelgono la T.A. (trombamicizia) nel 70% dei casi non sono in cerca di una relazione per settorcidimila motivi che vanno dalla paura, al troppo attaccamento alla mamma, al fatto che in ogni caso qui non psicanalizziamo nessuno quindi del perché uno non voglia una relazione ce ne freghiamo. Accettiamo questa verità assoluta senza spaccarci la testa come su un cruciverba. Infatti il vero segreto è che la T.A. è un win-win finché non ci si pone domande, finché la prendi così come viene.

Ma come funziona questo grande sconosciuto? Ho condotto segretamente sin dall’età di cinque anni approfondite ricerche a riguardo e ora, forse, ho una vaga idea del meccanismo.

 

1) La scelta del trombamico

È bene sottolineare che il soggetto con cui avete intenzione di accoppiarvi come mantidi religiose dev’essere un conoscente, o comunque un amico non troppo stretto, che vi garbi fisicamente, con cui non uscireste nemmeno sotto tortura  e con cui soprattutto abbiate la certezza di riuscire ad intavolare un discorso che vada oltre i 30 secondi senza che nessuno dei due senta il desiderio irrefrenabile di praticare harakiri. Infatti, nonostante vi accingiate a diventare T.A., la conversazione rimane di vitale importanza per il desiderio.

 

2) Il flirt

Non siamo macchine da guerra, abbiamo bisogno di un minimo di seduzione. Ecco perché con il T.A.  potrai mettere finalmente alla prova tutte le tue millenarie tecniche di flirt, incluso il sexting, senza farti decenni di pippe mentali riguardo cosa potrebbe pensare di te l’altra persona. Principalmente perché non t’interessa.

 

3) L’amplesso

Vero punto focale della questione è il sesso, centro esatto di questo rapporto. Se non funziona il sesso allora tanti saluti, hasta la vista, buona fortuna. E cancella il mio numero.

Nel caso, decisamente più frequente, dovesse andare bene bè.. liberi tutti. Il T.A. è come un allenamento pre-partita, puoi tranquillamente provare cose nuove e vedere se funzionano. Hai sempre sognato di farlo vestito da Spiderman? Tu sei della scuola “che sesso sarebbe senza  Nutella”?  Nessun problema, il T.A. è qui per te.

 

4) Il post amplesso

Più importante ancora del rapporto fisico in sé è, senza dubbio, il dopo.  Quel momento in cui le coppie si sbaciucchiano, si abbracciano, si coccolano e sussurrano frasi dolci. Ecco non fatelo mai se ci tenete alla vostra T.A.

È infatti scientificamente dimostrato che le smancerie stanno alla T.A. come i cavoli stanno alla merenda. Potrete tranquillamente cavarvela con una pacca sulla spalla ed una battuta non offensiva volta a sdrammatizzare l’iniziale imbarazzo del post coito.

 

5) Una serata tra T.A.

L’uscita media di questa strana coppia comprende un ritrovo tra amici solitamente ignari della vostra situazione. Ad un certo punto uno sguardo d’intesa, altrimenti definibile come vera e propria migrazione di ormoni dal tuo al suo bulbo oculare, fanno capire che dopo ci sarà un incontro decisamente più picanto dell’auricchio della Weber.

 

6) Il coinvolgimento

A meno che non vi sia apparsa in sogno la Vergine Maria dicendovi che siete anime gemelle destinate ad avere undici figli, evita di prenderti del T.A.

Avete un contratto ben preciso e l’innamoramento rientra tra le clausole di scioglimento immediato di esso. Se inizi a sentire le farfalle nello stomaco, dopo aver preso un maalox, ecco cosa devi fare: assicurati che sia reciproco con estrema discrezione. Se lo fosse, auguri pace e bene. Se non lo fosse, cosa decisamente più probabile, chiudi semplicemente i rapporti con un… ma con un bel niente siete trombamici mica marito e moglie!

 

7) La durata

Ora stimo che l’80% di voi abbia pensato che “la durata” si riferisse a quella dell’amplesso mentre il fatto che io mi riferissi alla T.A. in generale non vi ha minimamente sfiorati. Ecco dunque la dimostrazione che voi stessi siete pronti per l’inizio di una trombamicizia!

Tornando a noi, la durata perfetta di questo rapporto è quella che ti permette di godere a pieno dei vantaggi di un legame puramente sessuale o poco più, senza intaccare i nostri teneri cuoricioni burrosi.

Personalmente suggerisco un minimo sindacale (approvato anche dalla Susy Camusso ovviamente) di due settimane fino ad un massimo legale di quattro mesi. Dopo, infatti, si rischierebbe troppo il coinvolgimento emotivo di una delle due parti.

Ovviamente se non si abita nella stessa città, se ci si vede solo in montagna o al mare, i tempi di cui sopra non valgono trovando applicazione il dogma “sticazzi sono in vacanza”. È cosa nota, d’altronde, che ormoni e lavoro prendano fortunatamente le ferie in momenti opposti dell’anno permettendoci di trasformarci da topi di laboratorio durante l’anno (o comunque durante la settimana), a feroci divinità del sesso nel week end o in vacanza.

 

8) La fine

Il termine di una T.A. non è nulla di drammatico. Siete ancora abituati alle fini di lunghissime relazioni in cui i due, svuotati di ogni voglia, piangono a dirotto per ore, giorni, mesi, anni, generazioni?

Welcome to the trombamicizia, dove il rapporto si finisce davanti ad una birra offerta, tra risate, battutine allusive ed un “bella lì, ci si vede”.

 

Ora tu mi dirai che il sesso senza amore non ha senso, che non ti trasmette nulla. La verità è che non tutti sono fatti per essere trombamici così come non tutti sono fatti per avere relazioni stabili. Ma qui si parla di T.A. e, come già detto, questo rapporto funziona fino a quando non ti poni domande e ti lasci semplicemente andare.

 

 

Post autofinanziato dalla campagna “ogni volta che fai sesso risolvi un complesso”