Vorrei sapere chi ti ha ucciso

Vorrei sapere chi ti ha ucciso. Vorrei  conoscere chi ti ha tagliato in mille pezzettini e stringergli la mano. Lo inviterei a prendere un caffè, gli chiederei che arma ha usato, se un coltello da cucina o uno da barca. Il pugnale sarebbe troppo scontato, farebbe troppo professionista ma nessun professionista ti farebbe fuori. Sì perché tu hai sempre pensato di essere importante e invece, invece forse no.

Vorrei sapere chi ti ha ucciso e organizzare una festa, come quelle che fanno gli zingari quando muore qualcuno. Brinderei con un martini come piaceva tanto a te. Brinderei alla tua nuova vita chissà dove, chissà con chi.

Perché io sono convinta che esista la vita dopo la morte e tu ne sei la dimostrazione. Forse esiste pure la resurrezione. Così, penso, se t’incontrassi per strada ti chiederei di risorgere.

Alla fine qualcosa l’ho capito. Si può accoltellare l’anima senza ferirne la carne. Ed è strano ma me l’hai insegnato tu, l’ho visto su di te.

Vorrei conoscere chi ti ha tagliato in mille pezzettini e chiedergli come ha fatto a non lasciare segni, se ci sono tecniche particolari o basta seguire l’istinto. Gli chiederei se hai lottato o se sei rimasto imbambolato col tuo sorrisetto idiota.

Come ci si comporta davanti a un assassino? Uno che magari ti chiede di seguirlo, uno che premedita. Ci vuole un bel coraggio per resistere, ci vuole un bel coraggio per non lasciarsi andare a quello che crediamo sia il nostro destino, a farci uccidere. Ma non è che puoi pensare di essere lucido in quegli istanti, non è che se uno ti mette spalle al muro non hai scelta.

Ricordi il giorno del tuo assassinio? Mi chiedesti di non seguirti, che da solo andavi più veloce. Solo che non avevi calcolato lo schianto. Non avevi calcolato che la difesa non è mai stata il tuo forte, eri un animale da attacco, eri tu quello che faceva gli agguati, mai il contrario. E così ti sei lasciato uccidere come un povero stronzo qualunque.

È vero, non si dovrebbe parlar male di chi non c’è più ma concedimelo lo stesso. È dura riprendersi da un lutto quando realizzi che semplicemente, puff, non rivedrai più quella persona. È dura perché io sono della scuola “nulla si crea e nulla si distrugge”, ma la morte in un certo senso fa eccezione.

Sei stato un bello stronzo a lasciarmi qui col peso della tua scomparsa, senza preavviso come al solito. Un messaggio sarebbe stato apprezzato “ciao, vado a morire, è stato tutto molto bello”.  Perfetto, almeno uno lo sa e si prepara, almeno uno non lo viene a sapere da uno sconosciuto.

Ho creduto di vederti per strada certe volte, iniziavo a correre sorridendo ma poi mi ricordavo che non c’eri più e chinavo il capo. E dire che avresti potuto lottare, magari avresti pure vinto. Invece la paura ti ha paralizzato il cervello. Ti è mancato il fegato, forse l’avevi annegato in troppi martini. Così adesso io vorrei sapere chi ti ha ucciso e dirgli che è proprio un bello stronzo. Siete stati due egoisti. Non avete pensato a chi sarebbe rimasto qui ad affrontare la dura realtà, ma no certo in fondo dura poco un assassinio.  Meglio risparmiare le energie della lotta per un paio di drink. Bè io quei drink se t’incontrassi per strada te li tirerei in piena faccia, stronzo.