Se ci pensi era destino. Io e te a passeggiare, tu giri a sinistra io proseguo lungo il corso. È stata la prima volta che abbiamo preso direzioni diverse e da lì non abbiamo più smesso. Non mi chiedo più come sarebbe stato continuare a passeggiare con te, contarsi i capelli bianchi e perdersi nelle prime rughe. Non mi chiedo più come sarebbe stato annoiarsi insieme in una domenica piovosa, stirarti le camicie il sabato pomeriggio. Perché semplicemente non è successo, perché semplicemente non ci amavamo abbastanza.
Speravo sarebbe stato più semplice riprendersi. Pensavo fossi come una brutta sbornia, dopo un giorno al massimo passa il mal di testa. Pensavo fossi come un brutto sogno che al mattino si dimentica ma nessuno mi aveva mai detto quanto lunga potesse essere la notte.
E così adesso sono qui ad annaspare nel mare tentando di respirare anche se, lo confesso, non so più nuotare. Cerco una barca che mi tragga in salvo, che mi conduca in un porto sicuro. Ma non trovo che pirati, capitani pronti a ributtarmi in mare solo perché non ho abbastanza oro da offrire, solo perché un pirata delle mie lacrime non sa che farsene.
Ed è curioso come sia proprio io ad essermi messa in pericolo, lo sai che ho sempre amato le situazioni estreme, che per sentirmi viva ho sempre cercato quel brivido lungo la schiena. Ma se io adesso volessi solo arrivare a riva, se io adesso non volessi altro che terra ferma sotto i miei piedi ormai stufi di tutta quest’acqua?
Che poi lo sai cos’è che mi fa incazzare davvero? Cos’è che non mi dà pace? Che io da quando ho visto un porto andare a fuoco io nei porti mica ci voglio più entrare. Ma ho paura a stare qui in mezzo al mare, l’acqua è così fredda che anche il mio cuore non riesce più a scaldarsi. E in fondo in quell’incendio tu hai gettato la benzina, io la sigaretta. E in questo mare tu hai portato fuori la barca, io mi sono tuffata. E adesso arranco, batto i pugni sull’acqua dimenticandomi che sono le gambe a farmi muovere, respiro affannata dimenticando che è la calma a permettere di riflettere.
Galleggio e solo adesso penso, solo adesso realizzo che nonostante tutto io galleggio. Non è cosa da poco. Sono giorni, mesi, forse addirittura anni che sto qui e ancora galleggio, ancora non sono affondata come un povero, inutile sassolino. E allora forse la riva non è così lontana, e allora forse se adesso mi concentro posso tornare a casa, una bracciata dopo l’altra, una boccata d’aria dopo l’altra. E forse con calma arriverò non in un porto ma nel mio porto, tornerò a sentirmi a casa al caldo, una tazza fumante di the nero, i biscotti nel forno. Se adesso io riuscissi a immergermi e confidare agli abissi, solo agli abissi che qualcosa mi manca e che quel qualcosa io ho finalmente il coraggio di chiamarlo per nome, bè forse sarebbe questo a darmi forza. Perché niente ci rende più forti che confessare una debolezza. Così io ora se guardassi negli occhi il buio di questo mare metterei fine al mio incubo e in superficie altro non vedrei che il sole. Così, se adesso mi concentro, già sento il profumo accogliente dei biscotti appena fatti.