Imparità dei sessi

Io non l’ho mai voluta la parità dei sessi. Non mi è mai andata giù così come non posso ingoiare un mattone: è semplicemente impossibile. A meno che non sia un mattone di cioccolato, in quel caso sarebbe una figata. È che trovo che questa favola della parità dei sessi sia una cavolata. Come pretendere che il vino rosso sia identico a quello bianco: certo entrambi sono vini, ma c’è un abisso. E non è che ora parte il pippone femminista tipo “cioè noi donne siamo molto più fiche di quei cavernicoli muniti di pene”, no. È solo una constatazione oggettiva: io non voglio dei pettorali alla Schwarzenegger  né dei gioielli alla Rocco. Non solleverò mai cento chili di panca piana, non farò mai pipì in piedi. E vale il contrario: un uomo non soffrirà mai di sindrome premestruale (salvo rari casi), non capirà mai le gioie che ti regala un mascara waterproof davanti ad un film strappalacrime, penserà sempre che gli assorbenti possano tranquillamente essere chiamati pannolini che “ma si dai è la stessa cosa”. Voglio vedere la tua fidanzata a girare con un pampers 16-18 mesi bello mio. È che siamo diversi. Io piango quando Jack muore in Titanic, lui piange se Pirlo sbaglia una punizione. Io sono attenta ai mobili di design, lui che ci sia sempre della birra fresca in frigo.

Ma chi l’ha detto che il femminismo è la parità dei sessi? Quanto è stupido voler glorificare la femmina cercando di renderla quello che non è? Avete mai sentito un uomo lamentarsi della mercificazione del corpo maschile per i California dream men o per quel figone della pubblicità di D&G? Non credo. Perché la dignità della donna dovrebbe essere minata da femmine che decidono di usare il proprio corpo come strumento di lavoro? È il loro di corpo mica il mio. Non è forse vero che si vale in quanto individui?  Se io preparo la cena è perché mi piace coccolare il mio uomo, non perché sento il peso della società che mi obbliga implicitamente con convenzioni sociali a stare dietro ai fornelli. Se mi faccio offrire la cena è perché al mio uomo piace darmi sicurezza, anche economica. Ma non mi sento minacciata da un conto che non ho pagato o da una cena di troppo che ho cucinato.  Perché io credo che il femminismo sia indipendenza e libertà. Indipendenza da quattro frustrate che pensano di dirmi come devo condurre la mia vita per essere una vera donna con le palle (ossimoro di prima qualità), libertà di fare ciò che voglio di me stessa e del mio corpo perché, se è vero che mercificarlo è una mancanza di rispetto, lo è al massimo nei miei confronti e non in quelli dell’universo femminile. Se una donna la dà per ottenere un lavoro, mi spiace per lei che non crede nelle sue capacità ma la mia, di dignità e di vagina, resta intatta. Se una di professione sculetta, penso semplicemente che non è un mestiere che farei. Se un uomo mi offre da bere, gli sorrido e lo ringrazio ma non mi sento insultata perché forse il tizio può pensare che io non abbia soldi per potermi permettere un drink e che dunque lui ha il potere o che mi tiene in pugno come io tengo il mio gin tonic, no. È solo un drink, sono solo cinque euro, sono solo cazzate. E semplicemente se uno mi chiede favori sessuali rifiuto e probabilmente lo insulto anche, ma non per l’idea che lui ha delle donne, semplicemente per l’idea erronea che ha di me.  Io sta storia del “volete la parità dei sessi poi però vi fate pagare anche il caffè” la rimando al mittente. Ma chi la vuole sta parità? Non è che solo perché sei tirchio allora devi buttarci in mezzo questa sociologia da banco del pesce.  Che poi io ho sempre offerto tanto quanto un uomo,  lo sa bene il mio bancomat.  Sai cosa ti risponderei?  Credi nella parità dei sessi? Benissimo, da domani amore proviamo lo strap-on poi mi dici.

Io sono donna e fiera di esserlo, ma mi piace esaltare la mia femminilità e le mie capacità intellettuali, non sembrare un uomo per dimostrare chissà poi cosa. Dammi un lavoro se me lo merito, sia che voglia diventare una soubrette perché ho un culo che parla, sia che voglia fare l’amministratrice delegata perché sono il top. Pagami la cena se hai piacere, cucinami una fiorentina se ne sei capace. E non preoccuparti tesoro, se mi offendo lo faccio come individuo, non come esponente del genere femminile. Perché io il rosa l’ho sempre odiato, e le uniche quote che voglio sono quelle che mi sono comprata coi soldi del mio lavoro, qualunque esso sia.