Sono andata al festival dell’oriente. Sinceramente mi aspettavo di più, molto di più. Pensavo che avrei avuto l’occasione di osservare da vicino usanze e costumi di culture di cui conosco meno dello zero virgola cinque percento e che ne sarei uscita carica di voglia di scoprire di più. Invece mi sono ritrovata ad una fiera orientale con i vestiti pregni di curry, pollo e involtini primavera. Tra le tante bancarelle di abiti, kimono e campane tibetane ne ho trovata una che vendeva libri zen. Essere zen, pensare zen, preghiere zen, rendi zen il tuo cane. Ok quella sul cane era una battuta, mi pare ovvio.
Comunque tra i tanti titoli uno ha attirato la mia attenzione in particolare: scrivere zen, manuale di scrittura creativa. In sostanza questo libro raccoglie una serie di esercizi per introdurre tutti, ma proprio tutti, alla pratica della scrittura. Così ho pensato che sarebbe stato interessante proporvi degli esercizi, svolgerli e trovarci tutti tra qualche mese con il nostro premio Strega a prendere un caffè o semplicemente a complimentarci di come, dopo aver svolto i nostri compiti, riusciamo a scrivere liste della spesa da far invidia a D’Annunzio.
“Riesci a capire la drammaticità che risiede nello spazio bianco tra i carciofi e i porri? Ne percepisci l’essenza? Capisci come il significato sarebbe stravolto se io adesso inserissi il parmigiano tra i due sciogliendo ogni rapporto tra questi vegetali che da sempre hanno sofferto distanze abissali sui banconi di frutta e verdura? Ed io invece li ho riuniti perché mi sento un po’ il cupido dei supermercati, una persona che va oltre il razzismo del banco espositivo per sublimare l’essenza delle verdure verdi”
“Io invece ho messo cereali integrali e pane bianco, vedi come le due essenze, benessere e piacere, rigore e gola, si scontrano apertamente in questo foglio strappato? Vedi come l’impurità del cereale integrale tenta di redimersi accostandosi al candore, alla purezza del pane bianco? Come la colazione ed il pranzo si affrontano in un testa a testa in cui solo il più forte vincerà, in cui la croccantezza dei cereali è sfidata dall’accogliente mollica di pane?”.
Ecco, è proprio pensando a questi sviluppi che ho deciso di iniziare questo percorso di scrittura creativa, tutti insieme. Il primo esercizio che affronteremo è il seguente:
Descrivete la luce che entra dalla finestra, non importa se è giorno o notte, saltateci dentro e scrivete. Continuate per dieci, quindici o trenta minuti.
Sarebbe bellissimo se voleste pubblicare come avete svolto l’esercizio nei commenti, ma la scrittura è una cosa intima, privata e non tutti vogliono togliersi la maschera davanti ad una tastiera o almeno non davanti a tutti. E quindi io v’invito ad iniziare con me questo viaggio che all’inizio potrà sembrare stupido, difficile, potrà farvi venire la paura di trovarvi davanti ad un foglio bianco senza sapere come riempirlo. E allora riempiamolo insieme, lettera dopo lettera, parola dopo parola. Perché scrivere è un modo per conoscersi meglio, per riuscire a toccare corde di noi stessi che ne nemmeno pensavamo esistessero. E non importa se vorrete farlo davanti a tutti o nel buio della vostra stanza, l’importante è farlo. Adesso chiudete questa pagina, aprite un quaderno o se preferite word e iniziate a far muovere le mani. Immergetevi nella luce della vostra finestra come se fosse l’unica cosa al mondo e raccontate non importa cosa, tutti i bimbi per imparare a camminare cadono centinaia di volte, tutti noi imparando a scrivere, ammesso che ci riusciremo, partoriremo delle vere schifezze.
Vi auguro buon viaggio.
La finestra davanti a me è un po’ strana. A lei non piace troppo essere nuda della sua copertina di tapparella. Si è sempre vergognata un po’. Per questo motivo, la luce che penetra in casa attraverso di lei è timida, sembra un’ospite educata. Chiede il permesso e aspetta che tu glielo dia.
Adesso sono le 20,00. La luce scarseggia di suo a quest’ora. Eppure quella timidona della mia finestra è lì, stoica nel suo compito che da anni svolge con non poche difficoltà: si affaccia sul cortile interno, il suo amico (alias il sottoscritto) è poco a casa e lei si confonde un attimo su chi dovrebbe beneficiare del suo lavoro, … Insomma, fa quel che può.
A me la poca fioca luce che può dare però piace da morire. E’ tenue ma calda. Sempre. Soprattutto d’inverno, la bella finestra accoglie tra le sue braccia il riverbero dei palazzi brutti dei cortili interni di Torino, trasmettendomi quella sensazione di vita che brulica a 2 metri dal balcone.
E’ strano, perché a parlarne mi sembra di essere lei, la piccola ape laboriosa della luce. Ne percepisco la serena e silenziosa attività. Sì, credo che se mai dovessi reincarnarmi in qualcosa, vorrei essere lei. Lei che con naturalezza mi permette di pagare meno l’ENEL, lei che riempie casa di quel calore luminoso che le fluttua attraverso, lei che mi ha coinvolto a tal punto da farmi dimenticare il tema dell’esercizio.