Mittente sconosciuto

Dicono che ci siano persone nate con la camicia, io mi definisco nato col mezzo tight.
Figlio di grandi imprenditori, aspetto gradevole, animo gentile. Dicono che ci siano persone più fortunate di altre, ecco io sono sicuramente tra queste. Ho sempre portato il dovuto rispetto alla mia condizione di privilegiato, non ho mai evaso nemmeno un centesimo, mi sono laureato a pieni voti e ho uno splendido rapporto con i miei dipendenti.
Io e mia moglie siamo sposati da tredici anni ma siamo innamorati come due fidanzatini.
Non preoccuparti, mi rendo perfettamente conto di poter sembrare odioso, che mi va sempre tutto bene nella vita.
Il fatto è che io credo di aver trovato l’essenza stessa dell’esistenza, quel sentimento così potente da influire davvero sul corso degli eventi.
Sto parlando della speranza.
Io vivo per dare speranza agli altri, per aiutarli a riempire quel bicchiere mezzo vuoto, per farli passare dal “andrà tutto bene” al “va tutto bene”.
La fortuna mi ha dato così tanto che credo che l’unico modo per ripagarla sia donarla agli altri.
Sabato è San Valentino e io, confesso, non è che ci creda poi molto. Ritengo in realtà che sia una festa frustrante per quelle anime che ancora non hanno trovato nessuno con cui condividere amore, con cui sorridere anche nel silenzio. Perché sinceramente a me che sono innamorato pazzo non frega un fico secco del 14 febbraio ma è negli occhi delle persone sole che leggo una tristezza infinita, un senso d’invidia e a volte rabbia verso gli occhi di chi, invece, ha il lusso di poter guardare l’amore negli occhi. È per questa ragione che io e Penelope, mia moglie, abbiamo deciso di celebrare la festa degli innamorati regalando speranza a chi crede di avere solo polvere nel cuore.
Ho fatto una lista dei miei dipendenti, dei miei amici e di tutte le persone sole e senza speranza che conosco. Abbiamo comprato della carta da lettere, rose rosse e molti francobolli. Ci siamo seduti alla macchina da scrivere, il romanticismo prima di tutto. Abbiamo scritto circa cinquanta lettere d’amore tutte diverse, tutte da ammiratori segreti. È da un mese che ci lavoriamo. In ogni riga abbiamo inserito dettagli veri delle persone, il modo in cui giocano con il tovagliolo quando sono pensierose, come bevono il caffè o si godono la loro passeggiata al parco. Abbiamo scritto Dio solo sa quanto, roba che di notte sogno il rumore dei tasti e l’odore dell’inchiostro.
Abbiamo scritto per far sognare persone che ad occhi chiusi vedevano solo il buio. Abbiamo scritto per non farli piangere a San Valentino mentre in un bicchiere di vino annegavano le loro delusioni, i loro amori perduti.
È vero, hai ragione, non abbiamo dato loro un amante, non gli abbiamo presentato l’altra metà della mela.
Tutto ciò che abbiamo fatto, o che ci siamo prospettati di fare, è stato magnetizzare l’ago della loro bussola, far sì che quel pezzo di ferro tornasse ad indicare la destinazione ultima, il nord.
Perché pensiamo che solo chi sorride sia in grado di sorridere, che solo chi è sereno sia in grado di accogliere senza se e senza ma il proprio nord. Perché pensiamo, in fondo, che se è vero che San Valentino è la festa degli innamorati, allora tutti abbiamo il diritto sentirci amati, d’innamorarci di quelle parole scritte da un ammiratore segreto che forse non si presenterà mai, ma a cui noi riserviamo un sorriso gentile.
Tu pensa che bello varcare la soglia del tuo bar di fiducia e pensare che tra tutte le persone sedute a chiacchierare ci sia qualcuno che il 14 di Febbraio ti ha spedito dieci rose rosse e un po’ d’amore in bianco e nero. Tu pensa che bello star lì sorridente pensando a chi potrebbe essere il tuo ammiratore segreto e accorgerti, ad un certo punto, che non avevi mai alzato lo sguardo dalla tazzina e che magari, per davvero, qualcuno che ti sorride di rimando c’è.

Amami se hai il contratto

Mi chiamo Alberto, ho 34 anni e sono single. Ho passato metà della mia vita a cercare l’amore e l’altra metà a capire perché non l’abbia mai incontrato. Non che mi aspetti di sedermi accanto a Cupido in un bar, chiariamoci, diciamo che non ho mai incontrato nessuno da poter chiamare Amore.
È quasi San Valentino e, come ogni anno, pensavo l’avrei passato scopandomi una di cui non so nemmeno l’indirizzo o di cui non conosco la professione ammettendo di poter consumare a casa sua. Invece ho finalmente deciso che quest’anno io cercherò la donna della mia vita e la troverò. Mi sono spremuto le meningi e ho teorizzato l’amore.
Platone, gli androgini e tutti quei romanticoni da due lire possono andare a quel paese, io ho capito davvero cos’è l’amore in pratica, ora devo solo dimostrare la mia teoria.
Dopo attente selezioni delle mie potenziali compagne, ho finalmente trovato Lei: Cristina. Questa sera la porto a cena e sarà memorabile.
Ho messo il mio vestito migliore, il cappotto nero di cachemire e la mia camicia porta fortuna. Passo a prenderla alle otto, lei scende tre minuti dopo, il tempo di fare le scale. Ottimo, mi piacciono le donne che non si fanno aspettare, che sanno quello che vogliono e quando lo vogliono. Metto un po’ di musica jazz in macchina, se non ami il jazz non puoi amare me e Cristina, dopo pochi secondi, indovina il titolo della canzone. Perfetto.
A cena una tagliata appena scottata, un bicchiere di Barbera Superiore e parliamo di vita, di rapporti e di viaggi. È strano come gli stessi temi possano essere trattati con estenuante superficialità o disarmante profondità e lei, manco a dirlo, mi sbalordisce. È un vulcano incontenibile, idee originali e solide argomentazioni, una razionale fantasia che atterrirebbe un’amante inesperto.
Facciamo due passi, forse cento non ricordo. So che si avvicina il mio momento e non posso non sorridere. Torniamo in macchina, l’accompagno a casa.
Mi chiede con disinvoltura se ho voglia di un bicchiere di whiskey ma non c’è malizia nel suo tono né nel suo sguardo, è sincera e non avrebbe usato scuse se avesse voluto farmi salire solo per andare a letto insieme. Ci sediamo, due bicchieri e un po’ di Talisker. Lei mi sfiora dolcemente la mano, mi piazza le pupille nelle pupille e si avvicina, teneramente, per baciarmi. Mi lascio trasportare dal momento, è quasi sulle mie labbra e chiudo gli occhi, sospiro. Ci siamo quasi, mi sfiora la bocca ed è allora, solo allora, che io mi sposto bruscamente.
Mi guarda interrogativa e mi chiede scusa, che forse aveva frainteso ed invece… ed invece no Cristina, non hai frainteso nulla. È solo che voglio essere chiaro questa volta e tiro fuori dalla tasca del cappotto un foglio.

“è un contratto?” mi chiede lei e annuisco.

La mia teoria è che l’amore sia a tutti gli effetti un contratto. Due persone che vogliono la stessa cosa allo stesso momento, bisogna rispettare delle clausole e ci sono penali da pagare in caso di non rispetto delle stesse. Ovvio no?

Così ho fatto questa bozza di contratto, nei vari paragrafi troverai cosa cerco e cosa offro. Per chiarezza, te lo leggerò e spiegherò personalmente.

La durata della relazione è variabile influendo su di essa, a diverso titolo, i paragrafi successivi.

Cerco una persona che sappia tenermi testa, che sappia abbracciarmi quando ne ho bisogno e mandarmi a stendere se sbaglio. Cerco una persona che mi aiuti a crescere, che mi guardi negli occhi e mi dica che mi ama o che sono un coglione a seconda delle circostanze. Cerco qualcuno che mi stimoli non solo sotto le lenzuola, una persona che sia maestro e allievo contemporaneamente. Una donna che mi parli di Pasolini e della D’Urso con la stessa passione, che sappia dunque affrontare il peso della cultura e la leggerezza del divertissement. Qualcuno che non abbia timore di amarmi non-ostante tutto, nonostante i picchi di felicità e tristezza che l’amore regala. Cerco, in breve, qualcuno che abbia il coraggio di salire con me sulle montagne russe che insieme costruiremo.

Il secondo paragrafo illustra l’offerta, cioè chi sono io.

Maniaco dell’ordine, ossessionato dal divanismo cronico ma ben disposto a prendere aria fresca. Arrogante, cinico, estremamente tenero se guardi bene sotto la barba. Insicuro fin dalla culla, maschero con l’ironia. Amante della buona cucina, disertore di fast food. Viaggio molto, soprattutto con la fantasia. Metodico, rigoroso e a volte noioso, pessimo venditore di me stesso. Ossessionato dalla bellezza, quella interiore in primis.  Estremamente selettivo nei rapporti umani ma chi mi conquista ha il mio cuore per intero. Adulatore segreto di frasi banali, niente è più vero della banalità. Ho sempre amato per colmare mancanze, ora cerco amore per donare abbondanza.

Data e firma.

Ecco qui, niente di speciale. Rimane una parte in bianco da compilare con l’offerta del contraente, con i tratti della personalità di Cristina.

Lei mi guarda con gli occhi sbarrati poi inizia a ridere, ride come una pazza e cade addirittura dalla sedia lamentando crampi agli addominali. Per quanto io mi sforzi e sia cosciente del fatto che dovrei ridere con lei, non ci vedo niente di ironico nella questione. Ho messo nero su bianco l’amore, non mi sembra una cosa folle. Voglio dire ho trovato il modo per andare oltre millenni di fraintendimenti, oltre le seghe mentali da flirt, oltre quelle brutte sorprese che proprio non ti aspettavi, i fulmini a ciel sereno che t’inceneriscono, tanto per chiarire.

Si rialza, si schiarisce la voce e si siede di fronte a me. Sguardo serio, porta i capelli dietro le orecchie e le sue mani quasi sembra stiano disegnando nell’aria.

“Trovo sia una stronzata, semplicemente una stronzata epocale Alberto. Come puoi pensare di racchiudere in poche righe ciò che forse non trova abbastanza spazio nemmeno nell’intero universo? Come puoi descriverti in meno di dieci righe quando nemmeno dopo anni di psicologo puoi affermare di conoscere davvero te stesso? Da avvocato ti risponderei che non firmo per assoluta incertezza del contenuto, da filosofo non firmerei perché è la logica a mancarti. Se fossi una psichiatra ti diagnosticherei senza dubbio qualche disturbo della personalità e ti drogherei con massicce quantità di psicofarmaci. Ma non sono niente di tutto questo, non mentre siedo davanti a te. Mi hai sorpresa Alberto, come nessuno aveva mai fatto prima. Mi hai scossa dal profondo e non so dirti se in bene o in male, so che voglio scoprirlo. Perché forse non incontrerò mai nessun altro nella vita tanto folle da pensare di poter redigere un contratto d’amore e allo stesso tempo tanto coraggioso da sottopormelo per davvero. Io firmo, Alberto, ma sia ben chiaro che non firmo per nessuna delle lettere nere che hai stampato, per nessuna delle parole che hai scritto. Io firmo, Alberto, per tutto il bianco che ti sei tenuto dentro.”

Mi è piombato addosso l’amore

Ho sempre pensato che sarebbe arrivato, che prima o poi sarei uscita di casa e avrei trovato Lui su un’alfetta rossa che di cavalli ne ha ben più d’uno.

Ero certa che saremmo andati a cena in un ristorante con terrazza a picco sul mare : un locale intimo, non più di dieci tavoli .

Sapevo che ci saremmo ubriacati di risate e vino bianco mangiando del buon pesce, per dessert un sorbetto limone e vodka.

Immaginavo di passeggiare sulla sabbia a piedi nudi mano nella mano con un vestito di seta e la testa leggera.

Sostanzialmente la versione alcolista di una principessa Disney e dire che io odio le principesse.

Non è colpa mia, solo che quei “principe azzurro” e “vissero felici e contenti” a forza di sentirli ti s’incastrano nella mente e farli uscire risulta più difficile che montare un mobile ikea senza istruzioni.

Comunque non vi preoccupate, oggi ho capito che l’amore arriva quando meno te lo aspetti e ti fa davvero girare la testa.

Com’è successo ?

All’improvviso, un attimo prima non c’era e l’attimo dopo si : è stato un colpo anche se non propriamente di fulmine, direi un colpo e basta.

Non era una giornata buia e tempestosa nè particolarmente soleggiata e allegra, non stavo parlando con gli scoiattoli del parco nè ero in contemplazione della natura e dei misteri della vita ; era una mattina assolutamente normale e stavo tornando a casa con le borse del supermercato pregando divinità fino a quel momento sconosciute che le buste di plastica reggessero almeno fino al portone d’ingresso.

È stato allora che mi è piombato addosso l’amore : ho sempre pensato che avesse un gusto dolce, invece devo dire che ha quel non so chè di sangue.

Stavo arrancando verso casa, come dicevo, e ad un certo punto ho sentito venire da una casa vicina delle urla di donna « maledico il giorno in cui sei nato ».

Normalmente non avrei fatto una piega, avrei continuato per la mia strada dimenticandomi dopo pochi passi delle voci, ma questa volta non potevo : era chiaramente una citazione di Sex and the City e si sa che ogni donna ne ha visto almeno una puntata, io nello specifico le so quasi tutte a memoria.

Ho alzato gli occhi incuriosita per vedere che aspetto avesse quella fantastica ragazza che, in pieno litigio, riusciva a usare le frasi di un telefim dai contenuti profondi quanto una vaschetta lavapiedi : è evidente che non capita tutti i giorni.

Quello che ho visto è stato solo un mazzo di fiori, banalissime rose rosse per giunta, che si avvicinava alla mia faccia a discreta velocità.

Ci sono attimi in cui sai benissimo cosa dovresti fare : un passo avanti o perchè no anche indietro, ma tutto quello che pensi si tramuta nell’immobilità più totale, una specie di paralisi momentanea abbinata ad una bocca spalancata.

È un po’ come quando nei film d’azione inizi ad urlare al protagonista cosa dovrebbe fare senza che lui reagisca, solo che il grande attore sei tu.

Che poi voglio dire possiamo filosofeggiare sulle spine delle rose intese come le trappole dell’essere, ma i fiori in faccia non fanno particolarmente male; il vero motivo del mio terrore era quella scatola di cioccolatini a forma di cuore tutta bella decorata, tutta bella di latta.

Una sorta di schiaffo non morale, un kharma con grande senso dell’umorismo e un tempismo degno di Willy il coyote.

Ho pensato che come ricompensa almeno avrebbe potuto soccorrermi un Raoul Bova per caso nei paraggi ma sono umile e dunque mi sarei accontentata anche solo di un classico ma intramontabile Brad Pitt invece no, a chiedermi se stavo bene è stata una signora sulla settantina che ha prontamente commmentato “per fortuna che è successo a lei e non a me!”, un’amore di donna in breve.

Che poi io non ho mai avuto nulla contro San Valentino, non mi piace festeggiarlo ma non insulto chi porta a cena il proprio fidanzato o si fa regalare i tulipani di mezza Olanda; ci ho pensato a lungo su che segno potesse essere questo, ma a parte quello sul labbro non ne ho trovato alcuno.

Ah e per la cronaca i cioccolatini me li sto mangiando io, stronza.

Buona festa degli innamorati.