Ed è già passato un anno.
No, non mi sembra ieri che ho pubblicato il primo articolo, mi sembra sia passato molto più tempo. Non saprei dire quanto, solo molto di più.
Postai “il coraggio di fallire” alle tre di notte per non rimanere delusa scoprendo che nessuno l’aveva letto. Mi svegliai l’indomani con tanti messaggi di complimenti, con molti auguri per l’inizio di qualcosa di nuovo. Rimasi senza parole, avevo dato voce ai miei pensieri ed erano piaciuti.
Scoppiai a ridere, fortissimo. Una risata liberatoria, di quelle che lasciano andare le paure, i timori.
Una sensazione stranissima e bellissima.
Ho imparato a raccontarmi perché in fondo, io credo, tutti abbiamo le stesse paure.
Ho scritto della mia malattia perché volevo abbattere un mio tabù, perché nel bene e nel male è sempre con me.
Ho scritto di storie che non ho vissuto per provare a capire le persone, perché amo interpretare le persone.
Ho inventato di sana pianta per mettere alla prova la mia fantasia.
Non ricomincerei.
Non ricomincerei perché per ricominciare si deve tornare indietro ed invece io voglio andare avanti, lettera dopo lettera, articolo dopo articolo e vedere dove disegnerò la mia strada.
Si perché io mica ci credo a quelle favolette della storia già scritta, del percorso già tracciato. Io vado in giro con un aratro e solco il mio sentiero, bivi compresi.
Mi costruisco anche le trappole in cui, puntualmente, cado. E quando succede faccio due cose: la prima è ripetermi fino alla nausea una della battute finali de Il cavaliere oscuro, “perché lui può sopportarlo”; la seconda è scrivere. E mentre scrivo rifletto, analizzo, cambio idea.
Mediamente ogni articolo ha almeno tre inizi differenti. Il primo fa schifo, è freddo. Il secondo non è male ma gli manca qualcosa, non pulsa. Il terzo arriva fino all’ultimo punto ed infatti è pieno di errori, di virgole omesse e parole ripetute. Ed è questo a piacermi, l’imperfezione. Niente dà più ispirazione dell’imperfezione.
Chi si fermerebbe mai a pensare davanti ad un muro completamente bianco, pulito, assolutamente perfetto? Nessuno. Ma tu metti un puntino nero, anche piccolissimo, in quel muro e tutti si chiederanno il perché, tutti inizieranno a pensare come sarebbe se non ci fosse, o se ce ne fossero altri. Perché la perfezione è un cerchio chiuso in cui non ci sono spiragli, una figura che basta a se stessa. L’imperfezione invece ti costringe a trovare un modo per chiudere il cerchio.
Ed io il mio cerchio pensavo di averlo chiuso già da tempo, pensavo che avrei passato la vita in tribunale lottando per la giustizia. Invece mi sono ritrovata con un biglietto di sola andata per Parigi, un computer con i tasti consumati, un minestrone in testa che potrei vendere la ricetta alla Findus.
Così adesso, dopo appena un anno, vago col mio aratro cercando il vento, fiutando paesi che non pensavo esistessero sulla mappa del mio percorso.
Così adesso, dopo appena un anno, sto imparando cosa davvero significhi il coraggio di fallire, cosa significhi prendere un treno senza conoscere la destinazione ma, soprattutto, sto imparando che tra vent’anni a quella telefonata proprio non so come risponderò.
Ognuno di noi ha dei talenti innati. Uno dei tuoi talenti e’ indubbiamente saper scrivere. Cosa farne dipende da te. Un mio amico disegnava da dio, e’ andato a fare il magazziniere in una fabbrica di lampadari. Un altro suonava il piano alla grande, adesso vende profili per finestre.
FABER EST SUAE QUISQUE FORTUNAE. Se ci credi veramente e se riesci a mettere a frutto le tue capacita’.
Continua a scrivere quesi racconti divertenti e geniali. Un giorno arriverai ad avere anche tu 23 affezionati lettori come Giovannino Guareschi.
Onorata, grazie mille.
più che altro (per noi, tuoi lettori) è bello entrare qui e bere (lentamente) sorsi (intensi) di parole.