Ciao, disturbo?
È tardi lo so ma volevo farti i complimenti. Ho avuto modo di osservarti sul palcoscenico e devo dire che sei un’attrice straordinaria, le tue interpretazioni sono così naturali che quasi ci si dimentica di essere a teatro. La passione che metti nei tuoi sorrisi, nei tuoi pianti e nelle tue risate è impareggiabile, sembra che ti esca dritta dal cuore e non da anni di esercizio. Mi hai veramente impressionato, grazie. Se posso fare un piccolo appunto, se posso proprio spaccare il capello in quattro, cercare l’ago nel pagliaio, il pelo nell’uovo, il centimetro di nube in un cielo terso, ecco, se posso, ti direi che usare il mio cuore da palcoscenico non è stato così piacevole.
Perché vedi io non so tirare il sipario, non so applaudire e poi uscire dalla porta principale, non so tornare alla realtà se nella realtà credevo già di esserci. Perché quando il tuo spettacolo finisce non mi rimane che chiedermi se almeno i tuoi orgasmi erano veri o se lo richiedeva il personaggio, se tu l’amore sai almeno che esiste fuori da un copione.
Ma come fai a scrivere semplicemente un altro nome, ma come fai a voltare pagina come con libro sfogliato in autogrill? Insegnami ti prego, insegnami perché io sono ancora qui a leccarmi le ferite ma sto finendo la saliva. Dimmi come fai a chiudere un cassetto e dimenticarti la foto che ci hai nascosto, dimmi come fai a non averla stampata davanti al tuo bel muso come faccio io. Dimmi come fai a far innamorare senza innamorarti mai, ad avere le scintille negli occhi e il buio nel cuore.
Se solo tu ti amassi un po’ di più, se solo non cercassi nell’amore degli altri l’amore per te stessa forse non scapperesti così in fretta, forse ti siederesti con calma a cercare il buono dietro le urla.
Sei salita sul mio cuore senza chiedermi il permesso, ci hai montato una piccola pedana e hai iniziato a recitare il tuo copione, mi hai sorriso per sentirti dire che sei bella, hai scoperto le gambe per farti amare un po’ più forte, mi hai confidato vecchie ferite per conquistare la mia fiducia, hai detto che mi amavi solo per sentirti dire che io senza di te il vino lo trovo meno buono, hai detto per sempre intendendo per ora e quando l’ora è arrivata hai fatto un inchino sperando ti lanciassi delle rose. Hai detto che il tempo era esaurito, che di questo spettacolo vi era un solo atto senza intervallo, senza possibilità di replica.
Ma tu che vai di palco in palco hai mai pensato che il fallimento è parte dello spettacolo ma non è abbastanza per chiudere il sipario? Ma tu che vai recitando hai mai visto il volto dietro la tua maschera? Ma tu che sai essere chi vuoi hai mai desiderato essere te stessa? Hai mai avuto il coraggio di ascoltarti, ascoltarti per davvero, senza un pubblico adorante?
Tu dici di cercare l’amore ma reciti monologhi, tu vuoi essere la protagonista ma non accetti altri attori, solo spettatori. Tu che arrivi, punti le luci, apri il sipario, vai in scena e se si alza la voce fuggi in camerino, fuggi verso un altro teatro, tu non ti rendi conto di essere sola, non capisci che per quanto forte possa essere un applauso nessuno risponderà mai alle tue domande perché tu, su quel palco, non lasci entrare nessuno, nemmeno chi nascondi dietro il tuo bel musino. Mi chiedo se almeno tra un teatro e l’altro, tra una fuga e l’altra, tu abbia il coraggio di fermarti a conversare con te stessa, di studiare la tua anima che, fidati, sarebbe il tuo miglior personaggio. Adesso che chi ti applaude non sono più io, adesso che posso solo ricordare lo spettacolo che sei, ti auguro un’esibizione senza pubblico e di ricevere l’applauso di cui hai più bisogno: il tuo.