Io una volta ci son stata dentro una bolla di sapone, giuro. Sono stata dentro una bolla di sapone per settantadue ore.
Ricordo che ero a casa mia quando mi hai chiamata. “Partiamo” mi hai detto “scegli tu dove, basta partire”.
Ora si potrebbe pensare che sia totalmente irreale, frutto esclusivo della mia fantasia. Ma giuro di no e lo giuro con le stesse dita che hanno sfiorato il mappamondo fino ad indicare il punto esatto del nostro viaggio: la bolla di sapone.
Ti ho aspettato un paio d’ore in aeroporto, tu arrivavi da lontano. Abbiamo preso un taxi e siamo arrivati in città, in quella città di cui non ricordo il nome, non mi importava molto dove fossimo e forse nemmeno a te. Un panino al volo, una bottiglia di champagne per festeggiare e siamo andati in albergo. Io me lo ricordo quell’albergo.
Solitamente nelle fiabe ci si aspettano lenzuola di lino francese, tappezzeria color pastello e una vasca da bagno coi petali di rose. Ma questa non è una fiaba e noi, ammettiamolo, eravamo in una pensioncina modesta. I padroni erano accoglienti e c’era quel cagnolino bianco ad accoglierci. Credo fosse un terrier.
Abbiamo fatto l’amore così tante volte che non basterebbero le dita delle nostre mani per contarle. Abbiamo fatto l’amore così tante volte che ci siamo dovuti sciogliere i piedi intrecciati prima di addormentarci. Io non ho dormito molto quella notte. Ho sognato guardandoti dormire. Lo sai che sorridi mentre dormi? Mio padre lo chiama il sonno dei giusti, quel sonno profondo e rilassato di chi non ha nulla da temere, di chi non ha mostri sotto il letto.
Al mattino il tempo si è fermato. Scivolavamo piano e tu tremavi sotto le mie dita ed io non sentivo il ticchettio dell’orologio ma solo il tuo respiro dentro il mio. Ho chiuso gli occhi e hai chiuso i tuoi, ci annusavamo come amanti accecati dalla tenerezza. Abbiamo bevuto te nero in tazze di porcellana e mangiato tutti i dolci del mondo. Siamo andati al mercato delle pulci e mi hai regalato un frullato arancione. Era buonissimo, non te l’ho mai detto. Ci siamo scoperti l’anima sopra un ponte nel centro città, tu mi hai mostrato quella cicatrice ed io l’ho sfiorata con le labbra che ancora sapevano di pompelmo.
Non abbiamo cenato, avrebbe rubato minuti a quel tempo che da qualche parte continuava a scorrere ignorando i nostri sorrisi. Sarà che il tempo entra a fatica in una bolla di sapone, sarà che l’orologio l’avevo lasciato in valigia. Passeggiavamo nudi eppure avevamo i cappotti, ci siamo scaldati il cuore con meno dieci gradi.
Abbiamo rifatto l’amore fissandoci le pupille che si dilatavano, sentendo l’elettricità che ci inarcava le schiene. Mi hai detto che ero bella con la purezza di un bambino, quella bellezza che abbraccia la mente prima del corpo. Ti sei addormentato respirando il mio profumo e mi sono addormentata in quello spazio nel tuo collo che mi ha accolta come un porto durante una tempesta.
Grazie. Dico grazie perché sai che un lieto fine non esiste e non si ringrazia che alla fine. Credo sia stato quando ho rimesso l’orologio al polso, credo sia stato quando ho sentito il mio aereo che stava per decollare, credo sia stato quando ci siamo rivestiti ma eravamo ancora nudi. Forse è che le bolle di sapone sarebbero meno affascinanti se non scoppiassero, se durassero più di un battito di ciglia. Siamo scesi dall’aereo, io a casa mia e tu chissà dove, siamo tornati allo smog delle nostre città, al telefono che suona e a quel ticchettio dell’orologio che ora sopporto un po’ meno. Siamo tornati come gocce di sapone che si schiantano sull’asfalto perché non potrebbe essere altrimenti, il sapone non è fatto per volare. Ecco, volevo solo dirti grazie perché noi, anche se per un niente, abbiamo volato. Ed è stato infinito, è stato fine senza inizio. È stato semplicemente fuori dal tempo e nessuno mi ci aveva mai portata.
Un racconto capace di farmi sognare in questo vagone di ferro e luci.
Bellissima bolla.
Kaskade – what i say
Buon viaggio. Un abbraccio
hai creato un’atmosfera simile (emozionalmente parlando) a quella di una canzone di De Gregori (Compagni di viaggio), e adesso vado ad ascoltarmela, perchè mi ha fatto bene ricordarla.