Ego tra le righe

Ho sentito dire che il successo di un racconto dipende da quanto il lettore riesce ad immedesimarcisi. Una cosa del tipo che se ora scrivessi la storia degli allevatori di pecore del sud est della Bolivia avrebbe molto meno seguito di un grande, grandissimo amore finito dopo appena quindici giorni. Ora non dico che siamo tutti disinteressati di fronte ai problemi e al freddo che devono patire i pecorai del monte Sajama (sì ho dato una sbirciatina su wikipedia), solo che forse non ci vediamo nulla di nostro in un uomo che produce ottimi formaggi isolato dal resto dell’umanità. Non ci risolve i problemi esistenziali apprendere come si munge una pecora. Ma chi l’ha detto che i libri debbano darci delle soluzioni? Come la mettiamo poi con quella faccenda dell’arte come fuga anche solo temporanea dalla realtà? È difficile evadere dal quotidiano se quello che si ricerca tra le pagine di un libro o tra le battute di un film sono le nostre emozioni vissute e raccontate da altri. Forse funziona come nelle foto di gruppo quando una volta che hai trovato il tuo faccione sorridente nell’angolo in basso a sinistra vicino al cespuglio e dietro quel tizio di due metri, bè tutto il resto dell’immagine svanisce e chi se ne frega di quello vestito da sailor moon in primo piano, tu ti sei trovato e ‘ntu culo a tutti gli altri. Cioè tu inizi un libro/racconto/film/quello che ti pare e rivedi in ogni personaggio tua madre/la vicina di casa/ il fidanzato figo della vicina di casa/ quella stronza dell’università/ il tuo pesce rosso e a quel punto, solo a quel punto, ti godi la storia. O forse no. Forse schiacci play/giri la prima pagina e fantastichi su come faresti tu se fossi nel protagonista, antagonista, amante del protagonista, barboncino della panettiera di fiducia della sorella del protagonista. Il punto è che in ogni caso se non ci sei Tu in qualsiasi modo, quella storia non ti prenderà mai. È un po’ triste se ci pensi, no? È un ragionamento veramente egocentrico. Cioè anche con la Divina Commedia ora scagli la prima pietra chi non ha mai fatto il giochino di “in che girone sarei”. Fa strano realizzare che anche davanti ad un capolavoro simile il nostro pensiero sia rivolto a noi stessi. E ovviamente mi ci metto dentro pure io, che mica son diversa dalla gente che mi sta accanto in metro, da te che stai affaticando le pupille su queste righe maledicendo il momento in cui hai iniziato a leggere. Perchè ad ogni costo noi dobbiamo sempre e comunque essere protagonisti o quantomeno partecipare? Perchè risulta impossibile, a meno che non si decida di leggere un saggio su come si filava la lana nel medioevo, sedersi in poltrona e godersi il libro da fuori, da osservatore esterno che non prende parte in alcun modo alla storia? Non siamo capaci di stare fermi o per il nostro ego non esiste forza centrifuga?

Tuttavia è vero, hai ragione, è sbagliato generalizzare e non sempre due più due fa quattro, non sempre riusciamo a penetrare tra le righe e trasformarci nel protagonista. Io, ad esempio, quando leggo le istruzioni per il montaggio del comodino ikea proprio non ci riesco ad immedesimarmi. Adesso tu penserai “caspita è vero, anche a me è capitata la stessa cosa con gli armadi del corridoio” e posso a questo punto ben sperare che non ti sia dispiaciuto leggerti tutta questa gigantesca pippa mentale perchè, in fondo (letteralmente in fondo), ci sei anche un po’ tu.

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