Forse a volte ci dimentichiamo che quando muore una persona famosa, muore innanzitutto una persona. Che dietro una macchina da presa, dietro le pagine di un libro, dietro un volto noto si nasconde un cuore con le sue gioie e i suoi dolori, coi suoi pregi e i suoi difetti. L’arte, ci insegna la storia, non ha cimiteri se non per i suoi interpreti, se non per chi la crea. La morte, a volte, sembra una gara a chi soffre di più, a chi manda i fiori più belli, a chi sceglie le parole più appropriate. Ma, parafrasando uno scrittore famoso, io (non) sono Dio, io non posso giudicare il tuo modo di vivere il dolore né tanto meno pensare se esso sia veritiero. Perché è una questione privata, personale e se hai voglia di condividerla bè, l’accetto così com’è. E se nemmeno sapevi chi fosse questa stella prima della sua morte, non sarai oggetto del mio astio se t’informerai sulla sua vita ben anche lo facessi solo per non stare zitto al bar con gli amici, ben anche lo facessi per avere più consensi. Perché in fondo può capitare che leggendo le sue frasi tu ti renda conto che quella persona era interessante, che vale la pena scoprire la sua arte. Ed è così che lo renderai immortale, è così che le opere sopravvivono. Perché ci sono persone che s’ interessano. Il tuo negozio di fiducia non ti chiederà perché stai comprando quel libro, quel cd o quel film. Sorriderà sperando che, forse, anche la morte serve all’arte. Perché se per i familiari, gli amici e i conoscenti chi muore è soprattutto un uomo, niente è forse per loro più gratificante di sapere che, anche nel dolore, c’è chi sorridendo dirà ancora “minchia signor tenente”.
hai saputo rendere fantasticamente cio’ che mi è frullato in testa per giorni… 😉