Ho smesso di segnare

Ho visto un uomo piangere un giorno. Era seduto su una panchina all’ombra e piangeva. Normalmente avrei abbassato lo sguardo e sarei andata avanti ma ci sono volte in cui, senza un motivo preciso, vieni come attratto da una persona. No non è nulla di erotico o pseudo tale né tanto meno amore, direi piuttosto una specie di fortissima empatia dovuta al.. dovuta a cosa non ne ho idea. Mi sono seduta con lui, siamo rimasti in silenzio per dieci minuti. Lui continuava a piangere e io semplicemente gli ero vicina, senza toccarlo, senza invadere il suo spazio. Ho acceso una sigaretta, ho appoggiato tra noi due il pacchetto aperto con l’accendino. Che modo stupido che ho di aiutare la gente. Che pretesa stupida che ho di salvare le persone. Lui mi ha sorriso e timidamente abbiamo fumato insieme, in silenzio. “Non ne sono capace” ha detto ad un certo punto. “Non sono in grado, capisci?”. Guardava il vuoto davanti a sé mentre parlava. “Io ci ho provato, mi sono messo d’impegno, mi sono detto che era la volta buona, che ce l’avrei fatta. E invece nulla, un buco nell’acqua. Immagina una partita di calcio: io sono l’attaccante, sono bravo, corro veloce e adoro la competizione. Ecco io parto sicuro verso la porta. Scarto tutti, centrocampisti, difensori, riesco addirittura a liberarmi del portiere. Quante volte nella vita può capitarti di fare un gol a porta vuota? Due o tre. Ecco io ero lì davanti, ero solo col pallone e la rete a meno di due metri. Tutto esattamente come avevo immaginato, come avevo sempre voluto. Ma non ho calciato. Sono rimasto fermo, capisci? Io ero lì e non ho buttato in porta quello stupido pallone. Ora tu ti starai chiedendo il perchè, è normale. Ho avuto paura di sbagliare. E se avessi preso il palo? Voglio dire può succedere no? Solo che è terribile quando sbagli senza nessun ostacolo sul tuo percorso. Mi è venuta in mente quella volta in cui ho preso una traversa al novantesimo, quando tutto sembrava perfetto, quando mi sentivo Baggio dei poveri e invece ho sbagliato il tiro. Ho puntato troppo in alto, ho dato per scontata la precisione del mio movimento e non ho segnato. Quella rete valeva il campionato. Io da quando ho preso quella traversa non ho mai più fatto gol, mai. Ho il terrore, ho paura di fallire un’altra volta. Però sono un’attaccante e ognuno di noi è portato a fare ciò che è nella sua natura. Il difensore a tenermi lontano, il portiere a parare i miei tiri, l’arbitro a fischiare i falli, io a segnare. E quindi ecco mi trovo in questo circolo vizioso da cui non riesco ad uscire. Io corro corro corro vado ai duemila all’ora col pallone tra i piedi e non mi ferma nessuno, tranne la mia paura. Capisci io ogni volta ci vado vicino, ci vado così vicino che quasi posso sentire il pubblico in delirio, il mio sorriso sulla faccia. Poi però mi blocco, come se da una macchina in corsa togliessi le chiavi, come quando la miccia finisce di bruciare, come quando ti dice “non ti amo più”. Perchè è ovvio che non stessi parlando di calcio. No? Ma che senso ha fare l’attaccante se poi non hai le palle di accettare la traversa? Che senso ha giocare se hai troppa paura di perdere? Che poi io lo so che non giocando perdi già in partenza, solo che mi fermo lo stesso. Davanti alla porta, davanti al suo viso, su questa panchina come uno stupido. E tu? Tu come fai?”

Sono stata zitta un minuto buono, non sapevo cosa rispondergli. E’ che quel discorso avrei potuto farlo anch’io, è che quella traversa l’ho presa anch’io. Forse tutti abbiamo sbagliato, forse tutti ci siamo fermati solo per paura di non fare la cosa giusta.

“Come faccio mi chiedi? Lo vedi da solo, ci sono anch’io seduta qui”

“E secondo te quando ci alziamo?”

“Non lo so, basta non avere fretta”

“Non avremo fretta”

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